La morte di David Bowie porta via molto ai suoi fans e al mondo della musica, ma non siamo qui a parlare di questo, a farne l’elogio o ripercorre tutte le tappe della sua straordinaria carriera.
No, oggi parliamo della lezione social che possiamo imparare dalla scomparsa del Duca Bianco. Ad ogni scomparsa di personaggi famosi, infatti, il pubblico si sente quasi in dovere di postare sui social una specie di tributo.
La scomparsa di Bowie e Heroes
Questa mattina mi è capitato, ma sarà capitato anche a voi, di aprire facebook e trovare il feed intasato dalla notizia della scomparsa di Bowie. Inizialmente ho pensato ad una bufala, salvo poi scoprire che non si trattava di creduloni che ci erano cascati: i miei amici su facebook si erano semplicemente svegliati prima di me.
Neanche questo importa molto, a dire il vero. Ciò che importa, a mio avviso, è che circa 8 persone su 10 abbiano voluto “salutare” Bowie pubblicando sul facebook il video di Heroes, uno dei suoi successi più commercializzati. Da qui mi è venuto il dubbio che il buon David fosse sì amato dai miei contatti, ma che dietro ci fosse anche dell’altro.
15 minuti di celebrità
Dopo averci pensato un po’ su, mi è tornata alla mente la frase di Andy Warhol (o di Nat Finkelstein) sui famosi 15 minuti di celebrità e tutto si è fatto più chiaro: se non fosse un tributo di una folla commossa ma un semplice modo per ottenere qualche like? Il risultato è quasi scontato e il pacchetto funziona. Per carità, potrei essere in errore (le scuse le trovi alla fine del post), ma questo meccanismo si ripete come fosse un obbligo ogni volta che scompare una celebrità. Ognuno è libero di fare ciò che crede, e sinceramente è meglio un post con una canzone rispetto ad una frase razzista fuori contesto tratta da una notizia non verificata, ma è il comportamento in sé a offrirci indicazioni interessanti.
No, niente tristezza e moralismi: quasi tutti pubblichiamo post per ottenere consenso e c’è anche chi, come mi disse un amico una volta: “cancella i post che non hanno ottenuto un buon successo“. Fa parte del gioco e in ultima analisi non è che il rilancio di qualcosa che diventa virale. Come succede con le bufale, con le notizie inventate o con tutto quello che può suscitare qualcosa nella folla.
La lezione
Da tutto ciò, però, si può trarre una lezione utile da conservare e riadattare per le campagne social. Dietro alle condivisioni e alle testimonianze affettuose dei nostri contatti, come nel caso Bowie, si celano principi di cui fare tesoro.
#1 Viralità
Questo è un contenuto virale. Né più, né meno delle notizie inneggianti a scandali o ad argomenti verso i quali le persone mostrano una qualche sensibilità;
#2 Timing
Il mio feed si è riempito quasi completamente in meno di 2 ore. Probabilmente adesso tenderà a tornare alla normalità e, salvo qualche caso in cui si tratta di gente davvero scossa per la sua scomparsa, la notizia da virale tornerà dietro le quinte nell’arco di qualche giorno;
#3 Scelta del messaggio
Tratto da Wikipedia: “La discografia di David Bowie consiste in 26 album studio, 8 Album live, 47 raccolte, 5 EP, 111 singoli e 3 colonne sonore. Il debutto del musicista di Brixton si ha con il singolo Liza Jane dei Davie Jones & the King Bees, gruppo giovanile presto abbandonato per i Manish Boys con i quali pubblicherà due nuovi singoli tra il 1965 ed il 1966“.
Possibile che circa 8 persone su 10 abbiano scelto di pubblicare proprio Heroes? Snellendo di parecchio la questione si può dire che in questo modo i like arrivano senza dover riascoltare la canzone, riducendo i tempi che portano ad una sorta di conversione.
#4 La mia insensibilità
Infine, faccio ammenda. Potrei essermi sbagliato e potrebbero essere tutti davvero scossi dalla notizia. In ogni caso, c’è sempre una lezione da imparare.
Rispondi