Mettiamo di avere davanti a noi una bella ciotola di ciliegie bio appena raccolte dalla pianta del vicino. In una situazione come questa, chiunque di noi partirebbe scegliendo le più buone ed evitando accuratamente di prendere quelle più brutte o palesemente “andate”.
Co’è il cherry picking?
Ecco, il termine “cherry picking” fa proprio riferimento a questo esempio. In particolare, si tratta di una metafora perfettamente calzante per rappresentare quel preciso meccanismo (spesso inconscio) che ci porta a selezionare determinate notizie, idee e tesi ed a escluderne altre. E, visto che sarebbe troppo facile detta così, aggiungiamoci anche che spesso non lo facciamo volontariamente e, ancora, che questo relativizza cose come la realtà, la verità e la scienza.

Ah, prima che tu pensi di esserne al sicuro, sappi che nessuno sfugge a questa attività, anche se è possibile, come per tutti i bias cognitivi, tenerne conto a posteriori.
Ma ne parliamo più avanti.
Qualche esempio pratico (non prendertela, eh!)
Dicevamo che ci sono due punti dai quali partire, che sono:
- Nessuno è al sicuro: le distorsioni capitano a tutti
- Palesare questo tipo di ragionamento non fa di te una persona stupida, così come provare a ripararti non ti rende più intelligente.
Un tipico esempio di cherry picking è l’ormai famoso confirmation bias: per tutta una serie di ragioni noi siamo portati a dare più retta alle informazioni a supporto delle nostre tesi piuttosto che ascolto ciò che potrebbe minare le nostre certezza.
E così, a fronte di 99 medici che rassicurano sulla necessità del vaccino, noi crederemo all’unico medico contrario; davanti a nessuna evidenza qualcuno entrerà armato in una pizzeria perché crede che nel seminterrato vengano reclusi dei bambini per pratiche sataniche, malgrado nulla di tutto ciò fosse vero (compreso il fatto che la pizzeria non avesse un seminterrato).
Oppure, ancora, utilizzare, con una popolazione di vaccinati pari quasi al 70%, il famoso titolo di giornale “la metà dei ricoverati è vaccinata” per sostenere tesi no vax, quando la matematica ci dice che, nel caso di due malati su cento parleremmo di 1 su 70 da una parte e 1 su 30 dell’altra.
Cosa simpatica, il dato mostra l’esatto contrario di ciò che sostengono le persone “contrarie” al vaccino.
Un altro esempio abbastanza calzante di cherry picking riguarda tutti quegli avvenimenti che vengono sovrastimati per il semplice fatto che sono successi a noi. Un esempio? Il famoso zio che fumava 3 pacchetti di sigarette al giorno e che è vissuto 90 anni, che per alcuni farebbe campione malgrado evidenze e ricerche sui danni del fumo o, ancora, l’amico del cugino che si è curato con l’omeopatia ed è guarito da tutti i mali.
Gli esempi potrebbero essere davvero tanti perché ogni volta che ignoriamo più o meno deliberatamente alcune argomentazioni stiamo facendo cherry picking. Qui, però quello che ci interessa è vedere due principali tipologie di cherry picking, cosa succede quando questo si ripropone sui social e cosa possiamo fare, ammesso che qualcosa si possa fare.
Due diversi cherry picking
Del primo abbiamo appena parlato: una persona decide (o non decide) di ignorare certe cose. È un comportamento naturale che può essere una sorta di difetto di fabbrica ma che ci è sicuramente servito durante l’evoluzione.
Il secondo, invece, è altra roba. Perché se la selezione avviene in maniera naturale è un conto, mentre se c’è qualcuno che in maniera consapevole (e interessata) fa ricorso al cherry picking per raggiungere uno scopo preciso siamo molto oltre il funzionamento delle nostre teste.
Siamo dentro la propaganda, la disinformazione e la malafede.
Qualche esempio al volo di cherry picking?
Beh, oltre a molte delle scalette dei telegiornali, tra gli esempi recenti più eclatanti troviamo, alternativamente, i post social in cui gli stranieri compiono crimini a ripetizione (con totale silenzio su “tutti gli altri”) o che sono protagonisti di gesti eroici (con totale silenzio su “tutti gli altri”), il medico “radiato dall’ordine solo perché lottava contro i poteri forti”, “la cura miracolosa per il cancro che, fidati, funziona” e tutti quei siti che fanno fior di quattrini alimentando teorie di ogni genere.
Cherry picking e social: che si fa?
Detto tutto ciò, gli ultimi anni hanno aggiunto un fattore decisamente importante: i social media. Qui ognuno può dire (quasi) quello che vuole e ergersi a paladino di (quasi) ogni cosa, mentre un algoritmo che ha tutto l’interesse a mostrarci solo le cose che ci interessano si occuperà di fare una sorta di cherry picking preliminare, scartando tutte quelle ciliegie che di certo non mangeremmo.
È solo che così ci troviamo di fronte a tre diversi livelli di selezione dei contenuti:
- Il creator che, per interesse, produrrà contenuti accattivanti e creerà una linea;
- Il social: che analizzerà i nostri comportamenti e continuerà a mostrarci sempre più contenuti di quel genere, cancellando tutto il resto;
- Noi: che in maniera spontanea o indotta continueremo a nutrirci di quei contenuti e mai di ciò che potrebbe confutare le tesi che troviamo sul web, trovando nuovi creator e ricominciando il giro.
Veniamo alle brutte notizie.
La prima è che il debunking messo in atto dai grandi colossi mi sembra davvero qualcosa di molto debole.
La seconda è che no, non conosco modi per fregare l’algoritmo perché sono convinto che sia più sveglio e intelligente di tutti noi. Messi insieme.
La terza è che, come detto, in molti casi è il nostro cervello a occuparsi della selezione, senza disturbarci per chiederci il permesso.
Qualcosa, anche se sembra poco, lo possiamo però fare fin da ora:
- Tenere conto di questa distorsione cognitiva: non possiamo evitarlo, ma possiamo prendere in considerazione queste lenti a posteriori, per analizzare comportamenti e decisioni e aggiustare il tiro;
- Convincere la comunità scientifica (ma anche una buona fetta della politica) a mettere da parte i freddi numeri e trovare nuovi modi per comunicare in maniera efficace;
- Sperare che i social prendano finalmente e drasticamente in mano la questione a costo di sentirsi dire* che non stanno dalla parte della libertà di espressione.
(*Che poi, voglio dire, sai che gli frega?)
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