L’avrai notato anche tu, magari direttamente su te stesso, ma più passa il tempo più sui social aumenta la nostra capacità di arrabbiarci, anche sulle cose meno importanti. Allo stesso tempo, avrai notato una riduzione della capacità di mettere in campo un’analisi critica di quello che leggiamo e una sempre maggiore rapidità di risposta emotiva.
Lascia che ti dica che tutto questo è assolutamente normale e, purtroppo, fa parte del funzionamento dei social media e del nostro cervello. Eccola qui, la brutta notizia: quello che sta succedendo non è frutto di una scelta volontaria e quindi il nostro è un atteggiamento più difficile da modificare.
Più avanti vedremo perché…
Un esempio di indignazione a scatto
L’ultimo esempio di indignazione a scatto, ovvero di indignazione rapidissima avvenuta senza riflettere nasce da questo post:
Questo post è ovviamente una trollata nei confronti di gruppi suscettibili al tema immigrazione, ma non credo ci sia bisogno di ripetere che si tratta di una bufala: il cartello è photoshoppato, la notizia originale è vecchissima e non è avvenuta in Italia, specialmente non nel fantomatico comune di Vergate sul Membro.
Purtroppo però le reazioni non si sono fatte attendere:
E ancora:
Francamente sono commenti che trovo disgustosi e che mi farebbero imbestialire se solo non fosse che sono commenti indignati nei confronti di una bufala.
Il che rende tutto ciò grottesco e ridicolo, ma andiamo oltre.
Perché è così facile indignarsi su Facebook?
Quante volte hai sentito dire “si sente più spesso che…“? Pensa un po’: è vero!
Facebook infatti vuole “tenerti” in un ambiente in cui tu ti senta a tuo agio e per farlo tiene traccia di tutto quello che fai sulla piattaforma. L’idea alla base di questo comportamento è quella per cui tu resti più tempo in un posto in cui ti trovi bene. Più tempo stai su Facebook, più puoi essere agganciato dalla pubblicità e più lui ci guadagna.
Ecco allora che se interagisci tanto con certe pagine e con certi post, per Facebook quello che vuoi vedere è proprio quello e cercherà di dartene sempre di più.
In fondo è più o meno lo stesso meccanismo che sta alla base della scelta di mostrarti i post di alcuni amici e non di altri.
Esasperando la situazione, però, questo ti porterà a restringere sempre più i confini verso la tua comfort zone e lasciare fuori tutto quello che non ti piace o non ti interessa. L’orizzonte insomma si avvicina sempre più.
A cosa porta questo meccanismo?
Passando tanto tempo su Facebook e interagendo solo con determinate pagine e determinate persone vedremo sempre più quel tipo di contenuti aumentando la nostra sensazione di “sentire sempre più spesso che..” e in un certo senso è vero.
In fondo è anche quello che vogliamo (senza saperlo)
Non è che l’algoritmo di Facebook sia cattivissimo (forse per chi gestisce le pagine un po’ lo è), ma diciamo che per sua convenienza segue esattamente quello che il nostro cervello vuole.
Il nostro cervello ha bisogno di certezze, di conferme, e non di finire in un luogo in cui quello che sappiamo venga messo in discussione. Funziona più o meno così in tutti gli ambiti della nostra vita: diamo una valutazione migliore a chi la pensa come e a chi va nella nostra stessa direzione. È normale e in un certo senso pericoloso perché sui social tutto questo viene enfatizzato e ci porta a una sorta di estremismo delle idee.
Estremismo delle idee che diventa innaturale perché è agevolato da un bombardamento di notizie uguali in un ambiente piccolo.
Un esempio (su un tema a caso) è questo qui: https://www.vice.com/it/article/settimana-facebook-movimento-5-stelle
Come fare per non indignarci troppo su Facebook?
Visto che le cause sono l’algoritmo di Facebook e il nostro cervello tanto vale tirare i remi in barca? Assolutamente no.
Basta saperlo e pensarci mentre sentiamo il CAPS LOCK che monta dentro di noi. Oppure basta fare un giro là fuori, magari una bella passeggiata e un bel respiro.
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