Nel realizzare la “piccola guida social a complotti e fake news” ho scelto di partire proprio da qui, ovvero dai principali indizi che dovrebbero far scattare in noi un campanello dall’allarme e consentirci di riflettere un pochino di più prima di condividere una notizia.
Perché se è vero che orientarsi in quell’oceano di notizie e informazioni che è internet può essere davvero complicato, è altrettanto vero che spesso ci sono degli indicatori palesi che dovrebbero farci saltare il sito a piedi pari.
In particolare, tralasciando ormai le cose più conosciute come fare una ricerca parallela dopo aver visto una notizia particolare, usare google immagini per verificare la veridicità di una foto e prestare molta attenzione al link da cui proviene la notizia, oggi ci soffermiamo su 3 cose che potrebbero indurci in errore:
1 – Il conflitto tra bene e male
Malgrado qualche accademico o persona legata alla scienza abbia finito con il cadere nella trappola, quello che sappiamo è che la scienza non è una gara tra il bene il male. Dati, statistiche, test e tesi da confutare sono la base del suo funzionamento e tutto il resto è un po’ una panzana.
Ecco quindi che se il sito nel quale leggiamo la notizia pone la questione dal punto di vista dei buoni e dei cattivi c’è indubbiamente qualcosa che non va. La scienza sbaglia? Certo! Lo fa con le peggiori intenzioni del mondo? Dimostramelo.
Perché, se invece di basarsi sui dati, il sito da cui arrivano le notizie si concentra sulla costruzione del cattivo (perché il buono è, ovviamente, colui che scrive sul blog) siamo molto probabilmente in presenza di un sito pseudoscientifico.
2 – Le frasi attribuite
Basta questo per farci considerare il sito inaffidabile? Ovviamente no, specie in questo periodo in cui, come dicevo, sono stati in tanti a farsi tirare dentro la gara tra buoni e cattivi, formando delle squadre e insultandosi e screditandosi a vicenda.
Ma un’altra cosa che i siti pseudoscientifici condividono tra loro è, appunto, la necessità di attribuire frasi e idee più che di parlare delle idee stesse. Se non ci sono dati a fondamento di una certa considerazione o di una tesi, uno dei modi più facili è quello di attribuirla a qualcuno di importante/famoso/conosciuto. In questo modo si scateneranno l’effetto alone e il principio di autorità, anche se è stato detto a più riprese che la scienza non funziona così.
Sui siti di pseudoscienze leggeremo infatti che “il dottor vattelapesca, candidato al Nobel, ha detto che la leucemia si cura con il limone” oppure che “il famoso attore Caio ha detto che l’elisir di lunga vita è il mango”.
Tra l’altro, in un mondo fatto di 7 miliardi di persone non è neanche difficile trovare qualcuno che abbia detto una cosa del genere: lo presentiamo come uno importante e il gioco è fatto.
Ma non vale: lo so che è più difficile e che potresti obiettare che “allora non ci possiamo più fidare di nessuno”, ma è proprio così. E le ragioni le vedremo nei prossimi articoli.
3 – L’uso strumentale dei numeri
Dove non arrivano le attribuzioni e le argomentazioni dedicate alla nostra sfera emotiva arrivano i numeri finti. O, se non sono finti, i numeri strumentalizzati.
Sempre in ottica attribuzione, tra l’altro, per validare un concetto non c’è nulla di meglio di francobollarlo sotto il nome di una Università, anche se magari non esiste o se non ha necessariamente detto quello: la scienza procede per tentativi, quindi non vale ripescare vecchie teorie o tagliare un pezzo di quelle nuove per attaccarle (il cosidetto “weak man” di cui parleremo nella prossima puntata).
Tutti quanti noi (anche chi andava male in matematica) siamo affascinati dai numeri, che riescono a loro modo a dare autorevolezza all’impianto di un intero articolo.
Pensa solo alla differenza tra queste due frasi:
Dopo 1.000.000 di dosi si riscontrano 999.997 persone che non hanno avuto alcun sintomo;
La campagna vaccinale è appena iniziata e oggi si è aggiunto 1 nuovo danneggiato da vaccino ai 2 di ieri.
Ti sembrano uguali?
Numericamente sì, ma quale dei due articoli leggeresti?
Poi, ovviamente, c’è l’immancabile ricerca di una prestigiosa università americana, anche se non ci dicono quale, quando e come, mentre dall’altro lato possiamo trovare l’uso di parole dal suono molto scientifico, che sembrano così precise e formali da trarci in inganno.
Per intenderci, il monossido di diidrogeno è estremamente pericoloso perché:
- Allo stato solido può danneggiare in modo irreparabile i tessuti umani
- Se inalato può provocare la morte
- Allo stato gassoso può provocare grandi ustioni
- È un campanello dall’allarme perché è presente in grandi quantità nell’organismo di persone affette da malattie gravi.
E che è dannoso anche per le cose e per l’ambiente:
- Crea cortocircuiti se viene a contatto con i dispositivi elettrici
- Erode i metalli
- Provoca frane e smottamenti
- Contribuisce alle piogge acide
Terribile. Eppure stiamo parlando dell’acqua.
Perché partire da questi tre punti?
Come ripeto da tempo, in realtà, il primo punto da cui partire è un bel respiro. Se passata la carica emotiva di un titolo acchiappaclick (altro segnale di poca credibilità) l’articolo ci sembra ancora sensato, dobbiamo dare un’occhiata a data, autore e titolo del sito. Poi, una volta fatto questo, se vediamo frasi attribuite ad esperti, ricerchiamo una loro biografia, alla ricerca di non di conferme a ciò che pensiamo ma di un qualcosa che possa contrastare la nostra idea.
Non è facile, richiede molto più tempo rispetto allo schiacciare il tasto condividi.
Ma credo che dobbiamo provarci.
O almeno provare a farci gli anticorpi.
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