Nell’ultimo periodo si è fatto un gran parlare della chiusura da parte di Facebook di un certo numero di pagine, accusate di diffondere fake news e di incitare all’odio. Qualcuno ha gridato alla censura, qualcuno ha addirittura parlato “di social non democratico” (che poi, voglio dire, seriamente?) e si è appellato addirittura alla libertà di espressione. Per come la vedo io è stata un’operazione sacrosanta, seppur tardiva, e spero che continui così: multi account, pagine Facebook di disinformazione e troll non fanno che avvelenare l’ambiente in cui trascorriamo molto del nostro tempo.
Del resto, il clima era già cambiato con l’annuncio, da parte di Facebook di voler vigilare in vista della campagna elettorale per le elezioni europee, promettendo di lottare contro fake news, troll e pagine di spam. E già lì, come ho avuto modo di mostrare in pagina, le persone hanno mostrato di digerire davvero poco questa sacrosanta operazione. E il perché, ad oggi, mi risulta incomprensibile, ma almeno qualcosa sembra che si stia muovendo.
Partiamo dall’inizio
Prima di lamentarci della chiusura e di appellarci alla libertà di espressione e prima di menzionare un qualsiasi complotto è bene riflettere su una cosa: se vai a casa di qualcuno e ti comporti in maniera sconveniente quella persona non ti invita più.
Semplice, chiaro, lineare.
Quindi, prima di parlare di regole, policy (tutte cose che abbiamo accettato all’atto dell’iscrizione), dobbiamo tenere bene a mente questo concetto e smetterla di intendere Facebook come luogo pubblico o come un far west: Facebook è un’azienda che offre un servizio e come tale persegue determinati interessi e fissa delle regole che dobbiamo rispettare.
E le regole, come dicevo, le abbiamo accettate nel momento esatto in cui ci siamo iscritti (ma se non le ricordi sono disponibili qui) e non abbiamo perciò il diritto di dire che non ne eravamo a conoscenza. Anzi, abbiamo scelto di accettarle.
Censura, psicolopolizia, 1984.
No, non possiamo parlare di censura semplicemente perché non c’è nessuna limitazione preventiva della libertà di espressione e la libertà di espressione stessa non è in questione. E non possiamo neanche parlare di cambio di atteggiamento, perché le regole che limitano l’uso di Facebook sono le stesse da sempre. E le condizioni più rilevanti sono:
- Violenza
- Hate speech
- Immagini di nudo
- Bullismo e incitamento all’odio
- Spam
È un sistema perfetto? Certo che no! Basti pensare che vengono censurate donne che allattano, mentre mi sono visto rispondere che una pagina negazionista non viola gli standard di Facebook e ha quindi il diritto di esistere. Ma questo non ci consente di fare quello che vogliamo e, soprattutto, non ci autorizza a lamentarci se, dopo aver violato uno degli standard della community, Facebook ha deciso di bloccare il nostro account.
Peraltro, se ci pensi è davvero assurdo: non rispettiamo le regole ma ci lamentiamo se ce lo fanno notare.
Una precisazione sulle Fake News
Facebook non chiude le pagine semplicemente per via delle Fake News. Quindi, tutti quelli che si appellano alla “libertà d’espressione” per poter condividere e pubblicare notizie false sono fuori strada. Se la pagina viene chiusa c’è sicuramente un motivo ma no, non è per via di una notizia non verificata. Anzi, la spiegazione di cosa venga fatto in tema di fake news ci arriva di nuovo da Facebook stesso:
We are working to build a more informed community and reduce the spread of false news in a number of different ways, namely by:Disrupting economic incentives for people, Pages, and domains that propagate misinformationUsing various signals, including feedback from our community, to inform a machine learning model that predicts which stories may be falseReducing the distribution of content rated as false by independent third-party fact-checkersEmpowering people to decide for themselves what to read, trust, and share by informing them with more context and promoting news literacyCollaborating with academics and other organizations to help solve this challenging issue
In soldoni, i tre correttivi principali sono: (i) disincentivi economici per chi diffonde notizie false, (ii) riduzione della reach dei post fake, (iii) possibilità, tra i correlati, di trovare il debunking alle notizie false.
Quindi, le pagine che sono state chiuse di recente hanno violato altre regole di Facebook, ma per approfondire ti lascio all’articolo di David Puente su Open, che ha trattato la questione certamente meglio di come farei io.
Inquinando il mare avveleni l’acqua che bevi [Nota a margine]
Censura, non censura, complotti mondiali e quant’altro: Internet sta facendo venire a galla una quantità incredibile di pupù™️ e la cosa più grave è che questa marea non sembra volersi fermare.
In un universo parallelo, infatti, le persone dovrebbero applaudire nel vedere i colossi del web impegnarsi per limitare la diffusione di contenuti fasulli, parziali o completamente fuori dal contesto. E invece succede che se lotti contro il falso diventi cattivo o “servo del sistema”, che tutto viene messo in discussione, che ogni singola opinione andrebbe presa in considerazione, che la pancia prevale sulla mente, che se hai i titoli per parlare devi stare zitto perché sei snob, ma se non sai di cosa parli fai parte delle persone comuni e quindi devi farti ascoltare. Succede, infine, che siamo immunologi almeno finché non cade un ponte così ci trasformiamo in ingegneri e magistrati.
No, il problema non è la psicopolizia di Facebook, Orwell non c’entra nulla e 1984 al momento è solo uno dei miei libri preferiti.
Il problema siamo noi, legione di imbecilli (parafrasando Umberto Eco), e la nostra presunzione di sapere tutto e di avere un’opinione meritevole di attenzione su qualsiasi argomento.
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